Dormire troppo non è sempre una questione di stanchezza fisica. A volte è il modo in cui il nostro cervello cerca di proteggerci da qualcosa che trova difficile da affrontare. La psicologia moderna ha scoperto che il sonno eccessivo può raccontare una storia molto più complessa di quella che immaginiamo, intrecciando aspetti emotivi, comportamentali e relazionali che meritano di essere esplorati con attenzione.
In medicina del sonno e psicologia clinica esiste un termine preciso per descrivere chi dorme troppo: ipersonnia. Secondo il DSM-5, il manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association pubblicato nel 2013, questa condizione è caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna, sonno notturno prolungato o episodi ricorrenti di sonno durante il giorno, accompagnati dalla sensazione di non sentirsi mai veramente riposati. Tradotto: dormi molto, ma ti svegli comunque con la sensazione di essere stato investito da un autobus.
L’American Academy of Sleep Medicine, nelle sue linee guida del 2014, sottolinea che prima di pensare a cause psicologiche bisogna escludere problemi fisici come apnee notturne, disturbi della tiroide, narcolessia o effetti collaterali di farmaci. Questo passaggio non va saltato: rivolgersi a un medico è fondamentale per capire cosa sta succedendo davvero.
Quando il letto diventa un rifugio emotivo
Diversi studi clinici hanno mostrato un collegamento significativo tra dormire troppo e depressione. Michael Thase, nel suo studio del 2007 sui disturbi depressivi, ha evidenziato come l’ipersonnia sia particolarmente presente nelle forme cosiddette atipiche di depressione. Ma non parliamo solo di depressione clinica grave: a volte il sonno eccessivo è semplicemente il modo in cui alcune persone gestiscono emozioni troppo intense o situazioni percepite come insostenibili.
Gli psicologi chiamano questa dinamica regolazione emotiva, un termine che indica tutti i meccanismi che usiamo per gestire quello che sentiamo. James Gross, uno dei maggiori esperti mondiali di emozioni, ha descritto nel 1998 come le persone utilizzino diverse strategie per gestire i propri stati emotivi. Alcune funzionano bene, tipo parlare con un amico o fare attività fisica. Altre danno sollievo immediato ma a lungo termine peggiorano le cose, e dormire dodici ore al giorno per evitare di pensare ai problemi rientra proprio in questa seconda categoria.
Pensate al sonno come a un pulsante pausa sulla vita. Nel momento in cui lo premi smetti di affrontare le difficoltà, ma i problemi sono ancora lì che ti aspettano, e non si sono fatti più piccoli solo perché hai chiuso gli occhi per qualche ora in più. La ricerca su stili di coping e personalità, condotta da autori come Holahan e Moos nel 1987 e confermata da meta-analisi successive, mostra che le persone che tendono a fuggire dai problemi invece di affrontarli sono più vulnerabili a sintomi depressivi e ansiosi.
I profili psicologici di chi dorme troppo
La ricerca clinica ha identificato alcuni pattern ricorrenti nelle persone che tendono a dormire eccessivamente. Non sono etichette rigide ma osservazioni che possono aiutare a riconoscersi e capirsi meglio.
Il sensibile cronico è quella persona che Elaine Aron ha definito nel 1997 come dotata di alta sensibilità emotiva. Il loro termostato emotivo percepisce tutto al massimo volume: una giornata sociale intensa per loro equivale a correre una maratona, e serve tempo per recuperare. Spesso quel tempo lo passano dormendo, perché è l’unico momento in cui gli stimoli si spengono davvero.
Lo stressato senza strumenti è chi non ha mai sviluppato strategie efficaci per gestire la pressione. La ricerca di Bruce McEwen del 2006 sullo stress cronico ha mostrato che in questi casi le persone tendono a comportamenti di ritiro e passività. Se nessuno ti ha insegnato come affrontare lo stress, il cervello fa quello che può: spegne tutto e va in modalità letargo.
L’evitatore professionista usa il sonno come forma concreta di non essere presente. Le ricerche mostrano che chi usa prevalentemente strategie di evitamento tende a dormire di più per sfuggire alle responsabilità e alle emozioni difficili.
Il perfezionista paralizzato è stato studiato da Flett e Hewitt nel loro lavoro del 2002 sul perfezionismo maladattivo. Hanno scoperto qualcosa di controintuitivo: i perfezionisti spesso procrastinano e si ritirano perché i loro standard sono così alti da risultare paralizzanti. Se non puoi fare qualcosa alla perfezione, meglio non farla affatto, e quale modo migliore di non fare se non dormire?
Il circolo vizioso sonno-emozioni
Dormire troppo per evitare emozioni negative crea un circolo vizioso micidiale. Ti senti sopraffatto emotivamente, quindi dormi per sfuggire. Dormendo molto perdi opportunità sociali, lavorative, di crescita personale. Perdendo queste opportunità la tua autostima crolla e ti senti ancora più inadeguato. Sentendoti inadeguato, le emozioni negative aumentano, e così dormi ancora di più.
La ricerca di Palmer e Alfano del 2017 ha documentato questa relazione bidirezionale tra sonno ed emozioni: la sofferenza emotiva peggiora il sonno, e il sonno di cattiva qualità riduce la capacità di regolare le emozioni. Studi neurologici, come quello di Yoo e colleghi del 2007, hanno mostrato cosa succede nel cervello: l’amigdala diventa iperattiva mentre la corteccia prefrontale funziona meno. Risultato? Maggiore reattività emotiva ma meno energia per gestirla.
Gli psicologi clinici osservano spesso questo pattern in persone con depressione, ansia marcata o sindrome da affaticamento cronico, come documentato da Harvey e Wessely nel 2009. Chi vive questa condizione descrive il letto come una zona di sicurezza assoluta, l’unico rifugio da un mondo esterno percepito come troppo esigente o giudicante.
I segnali che indicano un problema
Non tutti quelli che amano dormire hanno un problema psicologico. Alcuni sono semplicemente grandi dormiglioni per costituzione. Ma ci sono segnali specifici che dovrebbero attivare un campanello d’allarme, secondo i criteri diagnostici dell’American Psychiatric Association e dell’American Academy of Sleep Medicine.
- Persistenza nel tempo: se il bisogno di dormire tanto va avanti da settimane o mesi, non è una fase passeggera legata a un periodo di stress temporaneo
- Perdita di opportunità: stai saltando impegni importanti, rifiutando inviti, perdendo occasioni lavorative o relazionali perché sei sempre a letto o troppo stanco
- Mancanza di riposo effettivo: anche dopo dieci ore di sonno ti senti confuso, pesante, prosciugato, come se non avessi dormito affatto
- Sonnolenza diurna anomala: ti addormenti durante riunioni, film, conversazioni, situazioni che normalmente richiederebbero attenzione
- Altri sintomi emotivi: il dormire tanto si accompagna a tristezza persistente, perdita di interesse, ansia, sensazione di vuoto, isolamento sociale
Cosa fare per cambiare la situazione
Il primo passo è sempre medico. Esami del sangue completi, controllo della tiroide, esclusione di apnee notturne sono fondamentali. Le linee guida internazionali sono chiarissime: prima si escludono cause fisiche, poi si esplora la dimensione psicologica.
Il secondo passo è considerare un percorso psicoterapeutico. La terapia cognitivo-comportamentale, secondo le meta-analisi di Morin e colleghi del 2006 e di Hofmann e colleghi del 2012, ha mostrato efficacia sia sui disturbi del sonno che sui disturbi dell’umore e d’ansia. Esistono anche protocolli specifici che possono essere adattati a chi dorme troppo.
Piccoli cambiamenti nella routine possono fare la differenza. Stabilire orari fissi per andare a letto e svegliarsi, anche nei weekend, aiuta a stabilizzare il ritmo circadiano secondo la ricerca di Stepanski e Wyatt del 2003. L’esercizio fisico moderato, anche solo una camminata di venti minuti al giorno, migliora sia la qualità del sonno che l’umore secondo le meta-analisi di Kredlow e colleghi del 2015.
Gli approcci di attivazione comportamentale usati nella terapia della depressione, descritti da Martell, Addis e Jacobson nel 2001, suggeriscono di programmare attività gratificanti per spezzare il circolo di ritiro e inattività. Creare una ragione per alzarti, anche piccola come una colazione che ti piace o mezz’ora dedicata a un hobby, può essere un punto di partenza efficace.
Ascoltare il messaggio dietro il sintomo
Il bisogno eccessivo di sonno non è il nemico, è un messaggero. Ti sta dicendo che qualcosa nel tuo sistema emotivo è sotto pressione, che hai bisogni non ascoltati, che stai evitando qualcosa che necessita di essere affrontato. La psicologia contemporanea, con approcci come l’Acceptance and Commitment Therapy descritta da Hayes, Strosahl e Wilson nel 1999, ci insegna che i comportamenti disfunzionali spesso nascono come tentativi di protezione.
Il tuo cervello sta cercando di proteggerti nel modo migliore che conosce in questo momento. Il problema è che quella strategia, pur nata con buone intenzioni, sta creando più problemi di quanti ne risolva. Invece di giudicarti duramente, prova ad ascoltarti con curiosità e compassione.
Cosa ti fa così tanta paura o ti pesa così tanto da farti cercare rifugio nel sonno? Quali emozioni stai cercando di silenziare? Quali responsabilità o aspettative ti sembrano insostenibili? Rispondere a queste domande, magari con l’aiuto di un professionista, può essere il primo passo per sviluppare strategie più funzionali che ti permettano di affrontare la vita da sveglio, con tutta la sua complessità ma anche con tutte le sue possibilità di crescita e connessione autentica con gli altri e con te stesso.
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